Incontriamoci alle catene

Incontriamoci alle catene!”
Non so se i ragazzi di oggi si diano ancora appuntamento qui, ma le catene ci sono ancora. Delimitano lo spazio tra i due edifici gemelli della Barriera Albertina.

Arrivavano qui tutti quelli che, venendo da Vercelli, percorrevano l’antica strada regia.
Quando, nel gennaio 1836, il Consiglio comunale di Novara decise di demolire le quattro porte urbane che davano accesso alla città per sostituirle con edifici che funzionassero da caselli daziari, il primo intervento riguardò proprio ‘Porta Vercelli’.

L’incarico per il progetto fu affidato a un novarese, l’ingegnere Antonio Agnelli, membro straordinario della Commissione di Pubblico Ornato (chissà a cosa corrisponde oggi simile carica?).
Fu aperto un varco nel terrapieno del baluardo che proteggeva la città e furono costruiti due edifici gemelli, simmetrici, uno orientato a nord e destinato al Servizio di Guardia, uno a sud, per la riscossione del Dazio.

La nuova barriera, inaugurata nel 1837, fu dedicata a Carlo Alberto e per questo viene chiamata Barriera Albertina.

Una curiosità. In origine la barriera era chiusa da una cancellata in ferro battuto sorretta da due pilastri sopra i quali si trovavano due statue rappresentanti la Concordia e la Vigilanza. La cancellata – opera di Pelagio Palagi artista della corte sabauda, già autore della cancellata di Palazzo Reale a Torino – e le statue furono in seguito rimosse e poste attorno al monumento a Carlo Alberto, in piazza del Rosario (piazza Gramsci). Quando il monumento fu distrutto, furono collocate all’ingresso del Cimitero, dove ancora si trovano.

Show CommentsClose Comments

Leave a comment