…mi ritrovai per una selva luminosa

Oggi è mercoledì ed è tempo di storie.
La storia di questa settimana è di qualcuno che di storie se ne intende e che le racconta in un modo decisamente particolare.

Se pensate che “teatro” voglia dire palcoscenico, platea e attori con voci stentoree, è decisamente tempo di ricredervi.
Scambio qualche parola con Franco Acquaviva, appassionatissimo direttore e fondatore (assieme ad Anna Olivero) del Teatro delle Selve, nonché entusiasta narratore delle bellissime cose che fanno.

Siamo una compagnia sui generis, inizia a dirmi, perché partiamo dall’idea di un teatro diffuso nell’ambiente, che vive nelle vie e nelle piazze e nella natura e che va verso la gente.
Lo chiamano “Teatro della Natura”. Non è la sola cosa che fanno, ma è quella forse più particolare e quindi la curiosità mi spinge a indagare.

S – Cos’è il Teatro della Natura?
F.A. – Il teatro è spesso sofferente nelle aree tradizionali, mentre la natura permette nuove scoperte. Noi andiamo spesso a fare teatro nella natura, perché lì si recupera una relazione con lo spazio e ci si trova davanti alla “difficoltà didattica” di guardare con altri occhi, di uscire dalle abitudini dei luoghi convenzionali del teatro. E’ il luogo in cui lavorare sulla percezione, lo spettatore è costretto a liberarsi dei condizionamenti della sala classica, deve legare la percezione della realtà che lo circonda alla realtà della scena teatrale.
Per fare un esempio, lo spettacolo “Il camminante” si svolge lungo la Via degli Scalpellini, seguendo il vecchio sentiero delle cave ad Alzo di Pella. Laura Pariani ha riscritto per l’occasione la leggenda aurea di San Giulio ed è stata l’occasione per unire la storia locale alla ricerca teatrale più contemporanea. Abbiamo portato lo spettacolo anche nel Parco Naturale degli Abruzzi e lì si è trattato di ristudiare tutte dinamiche per adattarsi alla natura del luogo. Lo spazio diventa parte della scena.

S – Quindi si abbatte la barriere fra realtà e finzione teatrale, esatto?
F.A. -Sì, legando assieme le due cose c’è un risultato nuovo, non si ha più del semplice teatro ma una vera e propria esperienza. Il pubblico rimane sempre molto emozionato perché vive da vicino la storia e si sente coinvolto in prima persona. Deve muoversi nello spazio, camminare seguendo gli attori, ha a che fare con loro da vicino ed è portato a riflettere e meditare.

S- Mi incuriosisce questo tema della riflessione e della meditazione attraverso il teatro. Quali argomenti affrontate più di frequente?
F.A. – Il tema principale è quello dell’arte nella natura e centrale è il ripensare il rapporto con l’ambiente e la natura. Oggi non percepiamo più come essenziali questi ambiti del mondo, li vediamo come delle appendici della città e come qualcosa da consumare, magari durante le vacanze. Attraverso la nostra attività teatrale ci fermiamo a riflettere su questo e ci poniamo delle questioni poetiche ma anche politiche, nel senso che ci chiediamo chi siamo rispetto al mondo e cosa possiamo fare per avere un nuovo e migliore rapporto con la natura.
Nel teatro antico il rapporto con la natura era normale, si faceva teatro in mezzo alla natura; noi non inventiamo nulla di nuovo ma cerchiamo di recuperare le vibrazioni di allora. Chi partecipa è alla ricerca di qualcosa, è un teatro che insegna a scoprire e a scoprirsi.

S – Questa linea di pensiero accomuna tutte le vostre attività, non solo quelle fatte in mezzo alla natura.
F.A. – Sì, al Teatro delle Selve lavoriamo in generale sulla ricerca attraverso il teatro. A volte questo significa immergersi nella natura, ma non necessariamente.
Anna Olivero, la co-fondatrice, lavora con i pazienti psichiatrici e ci sono dei notevoli risultati. Il teatro ha delle facoltà terapeutiche che aiutano le persone ad aprirsi e a comunicare. Chiunque, anche una persona semplicemente un po’ timida, può avere dei grandi risultati. Rafforza e conforta il fatto di poter fare qualcosa senza sentirsi giudicato ma anzi avendo anche l’appoggio degli altri. Il teatro aiuta a conoscere l’essere umano. Abbiamo sperimentato a Omegna un laboratorio teatrale e nel gruppo c’erano bambini, ragazzi, adulti e anziani. Si è creato un grande affiatamento, un bel gruppo intergenerazionale.

S – A proposito di bambini, molti spettacoli recente sono dedicati a Gianni Rodari. E’ una scelta di passione, di didattica o di legame con il territorio?
F.A. – Di tutto, ma principalmente di passione. Rodari non cessa mai di dire cose nuove e importanti e di insegnare in modo semplice e ancora attuale. Abbiamo portato in scena per la prima volta uno spettacolo dedicato a lui nel 2000, in occasione dell’anniversario di nascita e di morte. Eravamo appena arrivati in zona ed è stato l’inizio di un percorso che ci ha portati oggi a proporre “Le favole dell’Oca”, che sono il frutto di anno di lavoro con le scuole e con il Parco della Fantasia Rodari.

S – Vostra è la rassegna “Teatri Andanti” e su NovaraVive non manchiamo di presentare di volta in volta le serate che organizzate. Qualche anticipazione di cosa accadrà dopo l’estate, al termine della rassegna?
F.A. – Dal 5 ottobre poi partirà la “Bottega degli Scalpellini”, al Teatro degli Scalpellini di San Maurizio d’Opaglio. Dopo 14 anni di esperienza, possiamo aprire un centro che offrirà, anche durante il periodo invernale (che di solito è più carente di offerta), dei momenti di spettacolo di qualità e anche delle attività di formazione teatrale. L’inaugurazione ufficiale sarà il 5 ottobre, ma ci sarà una piccola anteprima di 22 settembre per le vie di San Maurizio d’Opaglio e in alcuni paesi vicini.

S – Si farà ancora teatro nei boschi?
F.A. – Organizzare questo genere di spettacolo è molto lungo e impegnativo e quest’anno non abbiamo potuto occuparcene perché ci siamo concentrati moltissimo sulla Bottega. Ne riparleremo per l’anno prossimo, lo rifaremo di sicuro.

Ci sarò!

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