Simone Sarasso, Buscaglione, Costantino e il Letenox

Sono su un divano comodo nello studio di Simone Sarasso, un braccio sullo schienale, le ginocchia vicine e le caviglie incrociate come su un triclinio, lo sguardo verso sinistra. Rigiro fra le mani una copia di Turkemar, il libro su Buscaglione, e intercetto DVD di XMen, collezioni intere di Captain America, tomi di thriller, una scatola a metà di merendine ai cereali. E’ pop, tremendamente e irresistibilmente pop questo studio, con la scrivania vissuta, librerie dall’ordine strabordante e una fila di copie di Invictus, legionarie serrate nei ranghi.

Sono un privilegiato“, mi dice sicuro, “Mi sveglio e vengo qui per scrivere storie. Ho fatto un sacco di mestieri e nessuno è stato così bello!
Lavoravo in un’agenzia stampa a Milano, quando ancora si leggevano i giornali sottolineando il nome del cliente e poi si ritagliavano le pagine e gliele si spediva a testimonianza. E’ uno degli ultimi lavori di una volta. Avevo 25 anni e mi sono detto o ci provo adesso o non ci provo più. Allora ho smesso di fare il pendolare, ho iniziato a lavorare in una scuola d’infanzia qui a Novara in via Boggiani, mezza giornata scrivevo e mezza lavoravo. Ho iniziato con grandi difficoltà economiche, avevo forti iniezioni di fiducia, ma l’editoria ha iniziato a rendere solo adesso.
In quel periodo ho conosciuto Fernando Quatraro della casa Editrice FQ, microscopica e virtuosa, fa libri di grande qualità e abbiamo fatto una bella strada insieme. E’ stato lui a farmi iniziare, mi ha commissionato un racconto sulla vita di
Fred Buscaglione.

Buscaglione?
E’ una passione di famiglia nata grazie a un nonno che faceva il barbiere a Vercelli al quartiere Isola e che in negozio ascoltava ossessivamente i dischi di Buscaglione. E a un altro nonno che conobbe Buscaglione quando decise di mettere su una rivista per evitare di andare al fronte, con musicisti e ballerine di fila che erano altri ragazzi di leva. 
“Buscaglione è stato il primo di una generazione di ‘sciagurati’ che hanno raccontato grandissime storie e hanno trasformato il modo di fare poesia in Italia. Sposava un’anima pop. Mi è rimasta in testa la passione per quella cadenza, quel ritmo, quel mondo che alla fine è roba mia. Poi è uscita una bella biografia di Buscaglione e mentre la leggevo mi ha contattato Fernando, l’editore, e mi ha chiesto una storia. Io quella volevo raccontare!”

Mi piace la sua storia.
E’ una storia che inietta l’energia della possibilità.

Ammetto di sentirmi un po’ emozionata quando, fra le chiacchiere, mi rivela di aver inventato “quell’opera corsara che è stata Frammenti” serie ARG (augmented reality games) per Current TV, quando ancora Current esisteva. “Mi avevano dato carta bianca.”
Le 12 puntate erano trasmesse su Current, archiviate su YouTube e intervallate da incursioni nel mondo reale, con giochi, indovinelli, sfide e punti esperienza.
Frammenti era la storia di un uomo che si svegliava una mattina senza sapere nulla di sé ma ritrovandosi braccato dalla polizia e accusato di omicidio. Tutto verteva attorno a un farmaco portentoso, il Letenox, che era in grado di cancellare selettivamente i ricordi dalla memoria, rimuovendo i traumi. Fece scalpore perché un gruppo di giornalisti che non controllava le fonti diede per vera la notizia e aprì discussioni etiche e agguerrite su alcuni quotidiani nazionali.
“E’ proprio quello che speravamo succedesse”, commenta Simone ridendo.
Bella avventura!

Bello fare fiction ma quando dalla carta passi al video entrano in scena parecchi compromessi.
Nella narrativa, commenta, “il narratore costruisce la scena a metà e l’altro 50% è tutto opera del lettore. La cosa si fa interessante così”: uno, nessuno, centomila.
Non so se avete mai letto un libro di Simone Sarasso. Sono fatti di frasi asciutte e cariche di significato. Non una parola o un sentimento di troppo in questa letteratura “politica”. Sì, “politica” dice Simone, “perché c’è sempre un punto di vista”.
Mi spiega bene il concetto quando mi dice che bisogna capire che tipo di storia si vuole raccontare. Nel romanzo storico quasi sempre, anche quando si affrontano grandi personaggi, persiste un pudore che tiene al di fuori il narratore dalle vicende più private e fa raccontare le cose a un comprimario, qualcuno della corte, un personaggio di fantasia. 

“Ho trovato sempre questa una scappatoia. Parla del protagonista! Perché non prendi di petto la grandezza del personaggio se vuoi parlare di quello? Prendi il caso di Costantino, l’imperatore guerriero. Nelle prime pagine di Invictus ti affezioni perché tutto sommato è un bravo ragazzo. Poi finisci per odiarlo, diventa spregevole, si abbrutisce anche fisicamente, sta male per quello che ha fatto. La sua è una corruzione graduale. Se prendo una posizione posso decidere se condannare o salvare Costantino. Sono l’unico responsabile della cosa”.

Sono “insoliti” i libri di Simone Sarasso. 
Forse è il punto di vista così netto.
“E’ una sperimentazione, è stato faticoso far capire l’importanza di ‘portare un punto di vista’ agli editori più tradizionalisti”

Forse è che cominciano sempre come dei film, con titoli di testa e fotogrammi.
Addirittura J.A.S.T. (Just Another Spy Tale), scritto con Daniele Rudoni e Lorenza Ghinelli è una spystory con ritmo televisivo, scritta come una sceneggiatura, con capitoli che si leggono in 30/40′, come una puntata in tv. 
Nel cinema Simone ha i propri numi tutelati: Tarantino, Rodriguez, Umberto Lenzi che è il re del poliziesco anni settanta e uno dei registi cult di Tarantino.
Oggi fra le tante cose insegna scrittura al corso di regia alla NABA di Milano.

Forse perché portano in luce contraddizioni e i lati oscuri del potere.
“E’ qualcosa che ha molto a che fare con la coscienza civile, nasce dall’indignazione per cosa è accaduto e dalla passione per la storia contemporanea. La trilogia di Confine di Stato è nata così, per rendere giustizia in qualche misura alle vittime dei grandi e tremendi fatti dell’Italia degli Anni di Piombo.”

Forse perché parlano del passato come fosse piena attualità, con lo stesso stile graffiante, tangibile.
E’ appena uscito il nuovo romanzo “Colosseum” e una delle recensioni, di Gianni Biondillo, recita “Con Sarasso la Roma antica è una cosa maledettamente moderna”. Vero.

I libri lo hanno portato lontano come un nomade, almeno 150 volte è stato da qualche parte a presentare il suo lavoro. Una delle volte è stato a NewYork. Era con un amico, in giro dalle sette del mattino per vedere la città. Gira e gira, considera male i tempi e prendi a spanne le distanze, si sono accorti che era tardi per passare a cambiarsi. In felpa, calzoni e scarpe da ginnastica si sono trovati sotto i cartelloni con le loro facce all’ingresso del Graduate Center, davanti all’Empire State Building “pronti” a entrare. “Ecco, quella è una cosa che racconterò ai nipoti”.

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