Un fungo ci salverà

Siamo generalmente ormai abituati (malamente) a buttar via quello che è vecchio o rotto. Avreste mai detto che succede anche per gli alberi?
Me lo spiega Luigi Tiradani nella sala riunioni del basso e ampio prefabbricato di Enne3, l’incubatore d’impresa dell’università di Novara, con le sue stanze chiare e le sue poltroncine rosse all’ingresso.
Luigi è amministratore di Mybatec e, in quest’epoca di supereroi, forse condizionata dalla chiacchierata con Fabrizio de Fabritiis, mi piace immaginarlo come un paladino delle piante.
Lui e la piccola équipe di Mybatec, a Novara, fra campi di granoturco e risaie, lavorano per sviluppare un’agricoltura sostenibile, curare le piante e i terreni, prevenire le loro malattie.
Hanno avviato con altri in Europa il progetto Ecotree e vanno a “salvare” gli alberi sofferenti nelle città che hanno tolto spazio alle piante e le hanno soffocate sotto strati di cemento e di porfido lasciando loro solo piccoli oblò di terra secca.
Queste piante, in asfissia o denutrite perché ormai il terreno è impoverito dagli anni, solitamente vengono blandamente fertilizzate quando capita oppure del tutto rimosse -buttate- perché vecchie e guaste.

Invece loro di Mybatec hanno studiato un sistema per rinvigorire e risanare gli alberi. Ci riportano a curare ciò che è malato e ad aggiustare ciò che è rotto. Anche le piante, che come i sassi spesso hanno visto e vedranno più di noi.
Alleati preziosi sono quella strana cosa che non è né una vegetale né un animale: i funghi, nello specifico le micorrize.
Dal 2006, dal lavoro di due ricercatori, Mybatec studia le micorrize e la simbiosi che esse riescono a sviluppare con la pianta. Hanno creato un macchinario che spara aria compressa nel terreno, così da muovere la terra attorno alle radici e farle respirare un po’. Ho visto il video, fa effetto perché il prato proprio si gonfia e sbuffa.
Poi con il macchinario si siringa nel terreno una miscela semi solida a base di micorrize che si legano alle radici e in 3 o 4 settimane aumentano fino a 700 volte la superficie di suolo da esse esplorato. Assieme a questo iniettano anche un ritentore idrico che conserva una scorta d’acqua per momenti di siccità, come fanno le spugnette verdi delle decorazioni del fioraio.
Una volta creata, la simbiosi dura per tutta la vita della pianta che viene perennemente (bio)fertilizzata.
A Novara il nuovo parco del Terdoppio e il parco delle coccinelle sono stati trattati a questo modo.

Il progetto Ecotree riguarda gli alberi, ma il biofertilizzante è ottimo per ogni tipo di pianta, Luigi mi dice che fra i loro clienti ci sono serre, vivaisti, designer di giardini.
E’ ancora da verificare a dovere, ma ci sono probabilità che le piante rinvigorite da questo biofertilizzante siano in grado di assorbire maggiori quantità di CO2 ripulendo meglio l’aria.
Insomma, stanno meglio e fanno meglio a noi e all’ambiente.

La questione ambientale è evidentemente centrale nell’operato di Mybatec.
Uno dei campi in cui lavorano è quello della purificazione delle acque reflue dell’agricoltura. “E’ l’inquinamento puntiforme” dice Luigi “non si tratta del grande evento drammatico come la rottura di una petroliera nel mare, è una cosa piccola ma costante, una quantità ridotta ma continua”.
Imparo che ci sono delle normative europee che iniziano a disciplinare il trattamento delle acque reflue ma in Italia non sono ancora state acquisite e così è più complicato convincere le aziende a badare a questi aspetti importanti per la salute nostra e del pianeta. Ci sono delle zone già più educate/illuminate (il Nord Est e la Toscana) ma un buon mercato per ora è la Francia. La soluzione di Mybatec prevede sempre il ricorso a microorganismi del sottosuolo. In grandi vasche chiuse vengono raccolte le acque reflue derivanti dall’agricoltura e i microorganismi mangiano i principi chimici lasciando all’acqua pulita solo il compito di evaporare. L’impianto dura 10/15 anni e non c’è molto da fare dopo l’installazione: un po’ di manutenzione ordinaria e qualche manciata di fieno per dar da mangiare alle piccole creature che sono lì dentro a lavorare.

Concorrenza non ce ne è molta, dice Luigi, però il mercato da noi è ancora un po’ lento. Ci sono potenziali clienti, tantissimi, ma l’interesse rimane più teorico che concreto, anche se in crescita rispetto a un paio d’anno fa o poco più.
Mi racconta che il loro strumento è fra quelli autorizzati dal ministero dell’agricoltura e dell’ambiente francese.
“Abbiamo l’idea, attraverso questo prodotto, di dare un marchio di qualità di produzione pulita. E’ un argomento su cui sono più sensibili le aziende che lavorano anche con l’estero, perché in Italia l’idea di una produzione sostenibile non è ancora considerata un fattore che muove l’acquirente verso un prodotto piuttosto che verso un altro. Siamo più legati al prezzo e al marchio fuori dal comparto del biologico”. Però le cose stanno cambiando.
“Quando ho iniziato a fare questo lavoro” continua con aria divertita “c’era un grande punto interrogativo sulla fronte delle persone con cui parlavamo, ci prendevano per degli stregoni o giù di lì. Ora sono i produttori stessi che vengono a chiederci informazioni. L’ambiente, il mondo dell’agricoltura sostenibile, l’energia rinnovabile sono argomenti che stanno entrando nella vita quotidiana, non sono più campi inesplorati. Piano piano la sensibilità sta aumentando.”

E il ricorso alle micorrize anche.

Segno sul taccuino due cose:

a) leggere a fondo le etichette la prossima volta che vado a fare la spesa

b) chiamarli la prossima volta che le piante in terrazza sembrano spacciate 🙂

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